Illegittimo il licenziamento del lavoratore per utilizzo di strumenti aziendali per finalità personali.
21/05/2019
Corte europea diritti dell’uomo sez. grande chambre, 05/09/2017, n.61496
La Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sulla delicata questione del diritto alla privacy del lavoratore in merito alla corrispondenza telematica di quest’ultimo.
La sentenza ribalta la decisine della VI Sezione che dava ragione al datore di lavoro, ritenendo valido il licenziamento per aver utilizzato una chat per intrattenere conversazioni personali durante l’orario di lavoro, valutando legittimo l’esercizio del diritto datoriale al controllo dell’operato dei dipendenti a fini disciplinari.
Strasburgo, conferma l’applicabilità dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul diritto al rispetto della vita privata e familiare reinterpretando la norma e giudicando sproporzionata l’attività di controllo esercitata dal datore di lavoro rispetto alla tutela della privacy legittimamente pretesa dal lavoratore.
Nella fattispecie, il datore di lavoro chiedeva ai dipendenti di attivare e utilizzare un account personale su Yahoo Messenger al fine di evadere le richieste dei clienti. Successivamente, per mezzo di una circolare scritta e fatta firmare dai dipendenti, il datore informava i dipendenti che il servizio di messaggistica poteva essere utilizzato solo per finalità lavorative e non personali.
Il lavoratore viene in seguito licenziato perché il datore aveva verificato la presenza di conversazioni private intercorse con account Yahoo Messenger. Ricorrendo alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, il dipendente invocava la mancata tutela nel proprio ordinamento nazionale del diritto alla vita personale e familiare sancito dall’art. 8 della Convenzione.
Il Giudice di Strasburgo, infatti, chiarisce l’interpretazione dell’art. 8 specificando la necessità di intesa ampia del diritto sancito, comprendendo in esso tutte le attività che consento lo sviluppo della personalità e della vita di relazione che non possono essere annullate nell’esercizio e nel luogo del proprio lavoro. Inoltre, il dipendente non era stato espressamente informato sulle azioni di controllo intraprese dal datore, potendo contare, quindi, su una “ragionevole aspettativa” alla tutela della privacy.
Secondo Strasburgo, le Corti nazionali non avrebbero adeguatamente tutelato il diritto del lavoratore, essendo mancato nel giudizio un equo bilanciamento fra interessi del datore di lavoro e il diritto alla privacy del dipendente.
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